Patriota e statista ungherese. Trasferitosi a Pest dopo aver terminato gli studi
di Legge, partecipò ai lavori dell'Assemblea, in sostituzione di un
membro effettivo di cui era segretario. Non potendo, nella sua qualità di
sostituto, prender parte ai dibattiti né dare il voto, compilò una
specie di bollettino quotidiano delle sedute, che riscosse largo successo.
Diffidato a troncarne la redazione, non obbedì all'imposizione, e fu
arrestato e condannato a 4 anni di prigione. Amnistiato nel 1840 e appoggiato
dall'opinione pubblica, fondò un nuovo giornale, il "Pesti Hirlap"
(Giornale di Pest) che gli allargò le simpatie popolari ma gli
creò l'ostilità della Corte di Vienna, dei moderati e dei
conservatori del suo Paese. Eletto deputato nel 1847, rappresentò alla
Dieta il comitato di Pest, e dopo la rivoluzione, che sembrò dissolvere
la potenza dell'Impero asburgico e portò alla costituzione di un
ministero autonomo sotto la presidenza del conte Batthyany, assunse il
portafoglio delle Finanze. Furono allora votate l'annessione della Transilvania
e della Croazia all'Ungheria e la lingua ungherese fu imposta come lingua
ufficiale. Il governo di Vienna, seriamente impegnato all'interno e in Italia,
non fece opposizioni, ma appena migliorate le condizioni generali con la
sconfitta delle truppe italiane a Custoza, dichiarò sciolto il Parlamento
ungherese e proclamò lo stato d'assedio. Resosi conto della
gravità della situazione,
K. chiese il richiamo alle armi di
200.000 uomini, istigò il popolo a non riconoscere l'abdicazione di
Ferdinando e l'avvento al trono di Francesco Giuseppe e costituì, sotto
la propria presidenza, un comitato di salute pubblica. Le truppe austriache
marciarono su Pest e la occuparono; in Italia seguì la seconda disfatta
di Novara. Il governo rivoluzionario fu costretto a trasferirsi a Debrecen,
dichiarando l'indipendenza dell'Ungheria e la decadenza degli Absburgo, ma
l'intervento russo mise fine alle generose aspirazioni magiare verso la
libertà. Riparato in Turchia, internato, lasciato libero per l'intervento
inglese e americano,
K. cominciò una vita di esilio che
durò oltre quarant'anni. Tutti gli altri suoi tentativi compiuti in
questo periodo, durante il quale rinsaldò la sua amicizia con Mazzini,
non ebbero successo. Stabilitosi a Torino vi risiedette fino alla morte,
rifiutando le amnistie, gli inviti e gli onori offertigli dai nuovi regimi
(Monok 1802 - Torino 1894).